giovedì 5 luglio 2012

Appunti di un viaggio nipponico - Alla scoperta di Tokyo: おかえりなさい...

[おかえりなさい...]

La coda interminabile al check in di Fiumicino, il mio telefono riceveva sms e altrettanti ne mandava indietro, alcuni ancora li tengo, uno in particolare, perché quando lo ricevetti scoppiai a ridere, tanto che la coppia davanti a me si girò con fare sorpreso. Il messaggio diceva: “Hai preso tutto? Soldi? Passaporto? Testa?”. Effettivamente proprio tutto non avevo preso, cioè la testa in verità era già dall’altro capo del mondo.

In aereo 12 ore non passano mai, dormire non riuscivo, i sedili in classe economica sono stretti e poco reclinabili, mi sono alzata poche volte esclusivamente per non disturbare il ragazzo americano che era al mio fianco e la signora giapponese con un bambino piccolo alla mia sinistra. Il ragazzo americano guardava film a tutto spiano, non negandosi di tanto in tanto risatine isteriche e profonde, io dopo aver ascoltato 3 o 4 volte, non ricordo, il cd di canzoni asiatiche proposto da Alitalia, non sapevo cos’altro fare. Scorsi velocemente il cursore dei programmi interattivi e trovai il film giapponese “Hanamizuki”. Non persi l’occasione e lo vidi con sottotitoli in inglese. A fine film piangevo a fontana, tanto che mi vergognai così tanto di essere una tale rammollita! (Consiglio la visione di questo film se siete appassionati di storie che hanno a che fare col destino. NdA).

Il capitano annunciò che mancavano appena 10 minuti all’arrivo a Narita, a quel punto ero davvero emozionata, cercavo di guardare fuori dal finestrino, dalla parte del ragazzo americano che si era appisolato; vedevo un immenso paesaggio stendersi sotto di noi, non vedevo l’ora di atterrare. Ma una pensiero mi girava in testa: “Si, l’hai fatto, sei partita da sola, praticamente Velia non sai niente di niente…e fin qui ci sono, adesso una volta in aeroporto? Che devi fare? Niente panico…allora devo prendere il treno Keisei Skyliner…dove? Il biglietto come lo faccio?”. Continuavo a dirmi che non dovevo andare in panico.

Scesi dall’aereo una navetta ci condusse al terminal degli arrivi, prendere il bagaglio fu un gioco da ragazzi, il ritiro bagagli è così metodico ed efficiente che ti fa rimanere a bocca aperta. Una volta recuperata la mia valigia rosa semi vuota, mi incamminai verso l’indicazione di uscita. Dopo qualche metro ad aspettarci al varco della dogana c’erano una fila di controllori, andai dritta da uno di loro, col mio passaporto in mano e proprio lì mentre mi avvicinavo il tizio mi fece cenno di fermarmi e tornare da dove ero venuta. PANICO! Perché? Che devo fare? Continuai ad avvicinarmi per chiedere spiegazioni, ma il poliziotto la sapeva lunga, mi diceva “Do pape! Do pape!” rimasi lì come un’ebete, lui continuava a farmi cenno di girarmi e andare a fare cosa non l’avevo capito! Tutti mi guardavano, ero lì e pensavo “Mio Dio, ma che sto sbagliando?! Che roba è Do Pape?!” I 5 minuti più lunghi che abbia mai vissuto! Finalmente mi voltai e compresi. C’era un piccolo foglio relativo all’immigrazione, che andava compilato. Il mio sangue riprese a scorrere e capì che “Do Pape” voleva semplicemente dire “Do Paper – Fai la carta” :)
Compilai in fretta il foglio e mi recai dallo stesso poliziotto di prima, gli porsi il passaporto, lui fece un sorriso benevolo e mi chiese come mai fossi in Giappone, risposi che ero in vacanza…la vacanza più bella della mia vita (fin’ora!).
Salì di sopra con una lunga scala mobile e trovai subito il posto per fare il biglietto per lo Skyliner, scesi sotto, da un’altra rampa, a prenderlo. Fortunatamente c’è solo un binario per lato e quindi impossibile sbagliare, puoi solo confondere lo Skyliner economico con il Keisei Limited Express che è più costoso e più veloce. Ma basta osservare il colore della carrozzeria dei treni, è lo stesso del biglietto per ciascun treno!
Una volta sul treno mi gustai a pieni occhi lo spettacolo che si andava svelando, amavo quel posto, era una sensazione strana, come tornare in un posto che in qualche modo senti casa tua…esatto, proprio come tornare a casa. Tutto diceva “Tadaima ただいま” e io ripensavo alla scritta che avevo fotografato al terminal arrivi: ”Okaerinasai おかえりなさい”, qualcosa di caldo e piacevole si diffuse in tutto il mio corpo, una profonda sensazione di pace si era fatta spazio. 



*Velia*



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